Anna Baracchi
Trainer Soft Skills specializzata in Intelligenza Emotiva
Diversità e inclusività sono fra i temi che più influenzeranno il futuro del settore Risorse Umane e delle organizzazioni in generale. Già tema di uno dei nostri ultimi Business Talk (qui la registrazione gratuita dell’evento Diversity & Inclusion) cerchiamo di capire i vantaggi per le organizzazioni che valorizzano questi principi sia nella relazione con i dipendenti ma anche nei risultati di business.
Chi ha deciso cosa è diverso
Parlare di Diversity non è mai semplice e forse per poterlo fare occorre fare chiarezza su cosa si intenda e cosa significhi realmente il termine diversità.
Innanzi tutto se utilizziamo il termine “diversità” sarà necessario parlare anche di “normalità” ed interrogarsi dunque su cosa sia la “normalità” e chi abbia deciso chi e che cosa, rientrava nel “normale” e chi e che cosa nel “diverso”.
Per aiutare il nostro cervello a rendere più semplice la realtà in cui si trovava a vivere, negli anni, studiosi, politici, sociologi, hanno scelto di “classificare” le persone e la società sulla base delle differenze evidenti che ciascun popolo e persona possedeva. In questo modo, con etichette e categorie riconoscibili, ciascuno di noi si è potuto muovere nel mondo, con facilità e semplicità ed, in questo scenario, è diventato “normale” ciò che la maggioranza delle persone era, faceva, pensava e voleva. Se la maggioranza ha sempre pensato che l’uomo dovesse lavorare e la donna svolgere mansioni domestiche, la normalità era considerata questa. E così per altri concetti che conosciamo, che sono diventati presto stereotipi, pregiudizi e preconcetti.
Questi hanno permesso di classificare più facilmente la realtà, e sono stati accettati fino al momento in cui certe categorie e caratteristiche sono venute a mescolarsi tra loro. A tal punto il concetto di “normalità” si è dovuto mettere in discussione per necessità. Parliamo di culture che si intrecciano, donne che chiedono a gran voce il loro posto nel mondo del lavoro, persone più libere di esprimersi per ciò che sono.
Dal sociologo Bauman in poi, quando la società è divenuta “liquida” come aveva predetto, la multiculturalità è divenuta “normale” e non più “eccezionale” come un tempo e le persone hanno iniziato a scardinare gli schemi rigidi. Anche le aziende si sono accorte che non potevano più restare immobili di fronte a determinati fenomeni sociali e che anzi, tutta questa varietà poteva essere una grande risorsa. Persone di etnie e provenienze differenti, si trovano a lavorare nello stesso luogo, a scambiarsi idee e storie, culture e modi di vivere e lavorare e questo, può portare un grande valore.
Numerose sono state le difficoltà nel tempo, e ancora tante sono da affrontare. Si pensi all’annosa questione della differenza di genere che ancora non è stata sanata, si pensi a quei posti di lavoro in cui una persona dis-abile non possa accedere per le architetture stesse del luogo, si pensi alle differenze culturali spesso sminuite e che ancora provocano pregiudizi o preconcetti.
Verso il cambiamento
I comportamenti fino ad allora consolidati e le conseguenti modalità di azione e di pensiero in azienda, sono stati quindi messi in discussione e ciò che fino a pochi anni fa sembrava impossibile e difficile da vedere, ad oggi sta diventando sempre più “normale”, grazie al continuo e inesorabile cambiamento che giorno dopo giorno le persone stanno implementando.
La normalizzazione di tanti approcci e delle differenze tra le persone, ha portato a renderle giuste, buone, positive e proficue, e addirittura auspicabili e ricercate perché ritenute risorse importanti.
Tutto ciò si traduce in percorsi strutturati di D&I per affermarsi come aziende che operano con uno sguardo attento alle diversità, aperte a processi di cambiamenti di mindset, di riscrittura di valori e di mission, al fine di diventare aziende accoglienti, attente a tutti i diversi stili di vita e mentalità, senza che le differenze vengano lette al suo interno come un problema o un ostacolo, ma rese uno standard.
Alcuni colossi, così come numerose piccole aziende, sono un esempio egregio di come possa avvenire il cambiamento e di come la D&I possa diventare patrimonio comune, oltre che un valore aggiunto per l’azienda stessa e, conseguentemente, far accrescere il valore stesso dell’azienda e l’immagine della stessa.
Ma cosa serve per sviluppare un pensiero orientato ai temi della D&I?
Come abbiamo ormai capito, ciò che occorre in primis, è cambiare la mentalità all’interno delle aziende per poter comprendere quanto le differenze si possano trasformare in reali risorse. Il tutto presuppone che il cambiamento avvenga in primo luogo ai vertici e che questo si rispecchi nei comportamenti con i dipendenti, ed infine nelle persone che quotidianamente vivono l’azienda. Se le persone non percepiscono il luogo di lavoro come accogliente e accettante le proprie peculiarità, non lavoreranno mai con vero impegno e dedizione per quell’azienda.
Se il luogo di lavoro si spaccia per inclusivo, ma nella quotidianità nulla fa respirare quel valore, le persone sceglieranno molto in fretta di cercare altre soluzioni, facendo così perdere numerosi talenti alle aziende e incrinando il processo innovativo e di sviluppo dell’attività stessa.
Le diversità che il concetto di D&I prende in considerazione, sono rappresentate e raccolte in queste 4 macro-categorie:
Come si vede dall’immagine, nel concetto di D&I non rientrano solo differenze biologiche, di etnia o di disabilità, ma altre sfaccettature che nell’insieme formano una vera e propria mappa in cui muoversi per costruire nuove mentalità, nuovi processi, dinamiche decisionali interne ed esterne all’azienda, adatte alle innovazioni continue della società ed ai suoi cambiamenti e mutamenti rapidi.
I processi di D&I e i percorsi in tal senso in un’azienda, richiedono di ragionare su tutti questi molteplici aspetti integrandoli tra loro, considerando che uno non esclude l’altro e che per potersi dire davvero inclusivi, ogni categoria ha ostacoli e difficoltà da superare:
- L’integrazione tra le persone, modelli e approcci diversi, culture, idee e ideologie;
- La creazione di un mindset comune che abbia come capisaldi l’accoglienza, il rispetto delle differenze, l’empatia e l’intelligenza emotiva, l’ascolto e l’apertura mentale;
- L’adeguamento delle strutture a favore di tutti coloro che vivono una disabilità, oltre alla necessità di rendere più “accoglienti” i luoghi di lavoro, meno impersonali;
- Il ri-definire i propri obiettivi e mission aziendali per unificare il messaggio che si vuole trasmettere di sé, dei propri valori e delle istanze in cui credere.
Questi sono solo alcuni dei passaggi da considerare per lavorare al fine di rendere il posto di lavoro realmente inclusivo e poter sostenere di fare politiche di D&I.
Una ricerca effettuata da PageGroup, ha mostrato quanto creare e mantenere vivi percorsi di D&I in azienda porti profitto da vari punti di vista. Un’azienda che dichiara di aver intrapreso percorsi di D&I ha il 52% in più di possibilità di attrarre talenti, il 59% in più di accresciuta visibilità all’esterno, il 54% in più di creare un ambiente di lavoro stimolante e il 38% in più di fidelizzare i propri dipendenti e renderli più soddisfatti del proprio ambiente di lavoro.
Un’ulteriore ricerca di DNV ha sottolineato che il 79% delle aziende, a livello internazionale, afferma che Diversità e Inclusione (D&I) siano parte integrante della strategia di business e che 6 aziende su 10 concordano sul fatto che un’azienda inclusiva ha prestazioni migliori nonostante di fatto sia ancora tanta la strada da fare per arrivare ad essere Leader e considerarsi un’azienda che sposa in toto i valori della D&I.
E’ necessario che le aziende acquistino sempre maggior consapevolezza riguardo l’importanza di attuare e mantenere strategie di Diversity & Inclusion al fine di generare posti di lavoro accoglienti, che integrino le differenze tra le persone anziché generare barriere e che facciano sentire il lavoratore al centro, protagonista del suo percorso di carriera rispettato nelle sue unicità caratteriali e ascoltato nei suoi bisogni, desideri e valori principali oltre che per le sue competenze e capacità indispensabili al lavoro. Il tutto, indipendentemente dal suo genere, orientamento sessuale, etnia, scelta religiosa, capacità economiche e caratteristiche fisiche.
L’inclusione deve essere una responsabilità ed un impegno collettivo.